Quando un felino vuole fare sfoggio delle proprie qualità fisiche di certo non è la modestia la prima cosa a cui ricorre; men che meno alla prudenza; figuriamoci se al pudore. E in questa storia non andò diversamente...
Una pantera di manto nero e liscio, come i capelli di una mia mai sbiadita affezione, viveva la sua soverchiante esistenza da predatore fra gli alberi della grande giungla africana.
Di tutte le meraviglie in quel posto nulla appariva dolce, bello e aggraziato insieme fuor di lei, e non ce n'era uno di tutti i maschi della specie che fosse mai riuscito a levarle gli occhi di dosso, o il naso dal vento, con intenzionalità.
Come si può immaginare, la pantera era consapevole dell'ammirazione di cui godeva e, presuntuosa non meno che bella, ogni giorno scendeva dal suo albero agitando ogni pelo del suo corpo, così da far giungere a tutti, oltre le forme, anche gli odori più intimi di se: era irresistibile.
La medesima azione si ripeteva da anni, sin da quando la famiglia era stata disunita e dispersa dal caso e lei aveva scambiato i pochi opprimenti pezzi di moralità rimasti con tanta bella presenza ed autovenerazione.
Lo stupore è ormai superfluo al sentire che questa miciona fosse molto desiderata, ma sarebbe lecito nel capire fino a che punto: sotto il suo solletico di fatto molti lavoravano di fantasia, altri invece, ritenendosi privilegiati per gli sguardi da quella riflessi, lo facevano addirittura di corpo. Non passava un solo attimo dopoché si fosse voltata, che li vedevi tutti farsi da parte e contorcersi fino a portarsi il muso fra le gambe più lontane, proprio nel posto giusto.
Fra tutti quelli di vicina statura che l'ebbero pretesa, alla bella non dispiacque mai di spargere rivalità, dolori e malincuori, ostentando in ogni caso aspirazioni più alte che ancora non sembravano trovare degno appagamento. Ma nonostante la sua odiosa ritrosia, i maschi, pazienti più di cadaveri, si accaparravano il turno a morsi e unghiate per inseguirla e corteggiarla senza la benché minima interruzione. Allora la gatta provocava, e subito iniziava una corsa; a tratti si fermava, circondava con la coda quei tanto stupidi faccioni che la inseguivano, ammiccava e ripartiva.
E' chiaro che se anche la pazienza di un cadavere non conosca confini, il cadavere stesso è prevedibilmente destinato a deteriorarsi, e con esso le sue virtù. Ciò ora accadeva alle vittime di questo gioco insopportabile, le quali, cominciando a perdere gusto e tenacia per sacrifici mai ricompensati, si chiedevano se non avessero speso troppo tempo inutilmente con una, quando avrebbero potuto dare sfogo ai propri istinti con molte altre femmine del branco normalmente disponibili.
Sdegnati, liberarono le narici con un forte soffio e intrapresero cammini più facili e piacevoli.
La pantera dei desideri non era più tale. Ferita nell'orgoglio, quanto meritava anche in altro, questa si convinse di poter fare a meno di tutti quelli del branco, poichè tutti, anche se fossero stati in uno solo, non sarebbero bastati al suo confronto.
Poche sere dopo, quando il cielo divenne scuro e le nuvole avvolsero la luna, la pantera scese dal suo albero senza le solite capricciose movenze e con grande fretta si allontanò da quel territorio. Riempì la sua notte di una corsa disperata e di lacrime di rabbia che avrebbe voluto trattenere con la forza, fin quando non si fermò e s'addormentò. La mattina seguente stiracchiandosi aprì gli occhi e conobbe per la prima volta nella sua ridicola esistenza una pantera senza pelliccia.
Durante la notte, infatti, un cacciatore passatole vicino si era innamorato follemente del suo magnifico manto e sentendo di non avere il coraggio di ucciderla trovò a suo modo come procedere per non dar pena a nessuno: "Le stacco la pelliccia nel sonno cosicché lei rimanga in vita ed io possa avere il più bel tappeto del mondo!" - tuonò con queste parole l'entusiasmo dentro alla sua testa, e così prese i coltelli e prima che lo dico scuoiò la dormiente come solo lui sapeva fare.
Dopo la terrificante scoperta, quel giorno la sfortunata seguì le tracce del cacciatore ed arrivò fino alla finestra della sua casa nel villaggio. Giunta li, spiò di soppiatto dentro ad una stanza e vide subito la sua pelliccia, già conciata, per terra vicina ad un focolare.
Mentre progettava come uccidere l'uomo e riprendere i suoi pezzi, allungò lo sguardo sul pavimento e le vene le si serrarono dall'orrore: il cagnetto del padrone di casa, che di figura non superava un ratto zuppo, si dimenava morbosamente sul nuovo tappeto, infine violando tanto facilmente quell'involucro da lui mai chiesto, ignaro che fosse sempre stato impossibile da sfiorare a chi a lungo lo aveva bramato.
Alla mezza pantera non rispose più il cuore.
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RispondiEliminaNonno Pruvulazzo non ha mai avuto un debole per me.
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